La boa tradizionale
ha un aspetto tondeggiante di diverse dimensioni. È composta da una camera d’aria con la valvolina di gonfiaggio e da un attacco rigido per infilarci l’astina della bandiera o da un’apposita appendice gonfiabile che funge da segnale regolare. Il colore è di norma molto vivace proprio per distinguersi dall’uniformità della superficie marina.
Per uso apneistico sono nati su questa scia una serie di palloni caratterizzati da importanti innovazioni. Innanzitutto l’involucro può essere doppio e cioè composto da una monocamera pneumatica e da una sovrastruttura in materiale anti graffio e molto robusto: ricorda la gomma di una bicicletta divisa tra camera d’aria e copertone.
Questa trasformazione consente di appendere i secondi fucili, i cavetti porta pesci, ecc… direttamente a ganci solidali alla copertura. Una grossa placca plastica di rinforzo è posta nella zona inferiore di quasi tutte le boe: è il punto classico che si collega al sagolone. Nell’azione di trascinamento le boe tonde comportano un attrito significativo che diviene un eccezionale mezzo per disperdere migliaia di chilo calorie quando ci si appende sotto una pescata abbondante.
Non c’è subacqueo che impieghi la boa come una stazione super fornita di ricambi e suppellettili varie. Su qualche involucro sono state sistemate delle tasche e degli agganci robustissimi.
Un elenco brevissimo riferito a chi abbia sistemato di tutto: da bottigliette per ristorarsi a barrette energetiche per rifocillarsi, da fucilini per la tana a cannoni per il libero, da aste e fiocine di ricambio a retini porta conchiglie, da buste stagne con documenti a macchine fotografiche impermeabili, da torce di scorta a mulinelli volanti, da strisce di cintura con il piombo in eccesso a fettucce reggi peso a sgancio rapido, da sagolini di ricambio a pinze schiaccia giunti per impiombatura, da raffi per le prede intanate a spezzoni di aste filettate porta arpioni, ecc… l’importante è utilizzare moschettoni o ganci in acciaio inox dotati di un sistema di blocco per evitare di perdere qualcosa.
La boa a siluro
detta anche torpedo, ha preso piede per risparmiare le faticacce: ricalca la struttura intima pneumatica ma ha variato l’aspetto esterno. La forma è quella di un cilindro allungato, leggermente schiacciato in senso orizzontale. La bandiera è posta ad un’estremità così come i vari gancetti e anelli appendi tutto.
Quando si deve portare appresso si denoterà la grande idrodinamicità e la scarsa influenza data dal vento teso. Ad essere pistini nonostante il colore sgargiante o fluorescente che equipaggia tutte le boe, non sono identificabili alla pari della forma a pallone.
La questione si risolve prolungando la lunghezza dell’asta e confezionando un drappo di stoffa molto più grande del normale. In presenza di mare formato si noterà che la boetta tonda rimarrà stabilmente eretta, assettata, mentre quella a siluro tenderà a maggiori oscillazioni e fluttuazioni laterali. Una miglioria è costituita dalla possibilità di ancorare i pezzi di ricambio lungo l’asse longitudinale soluzione che impedisce agli elementi di fornire un ulteriore freno idrodinamico nel caso fossero tenuti perpendicolari alla boa.
La boa a materassino
è un ulteriore evoluzione della precedente: aumentando la superficie di appoggio e mantenendo sottile la linea di galleggiamento si è creata una famiglia di boe con diverse connotazioni: una che somiglia a una zatterina pneumatica, un’altra ottenuta dall’unione di due camere a siluro con una struttura centrale di tessuto che le unisce, un modello vagamente triangolare.
Al trascinamento non oppongono resistenze: lo scivolamento delle boe è elevato e inoltre possedendo una larga base non si capovolgono. L’interno accogliente e spazioso del micro canotto, consente di ospitare comodamente numerosi prodotti utili. In altri casi è previsto un tascone porta oggetti posto superiormente. Sono presenti sempre degli anelli per l’aggancio eventuale di accessori che possono essere sistemati quasi “all’asciutto”.
In caso di forte vento c’è il problema che essendo di dimensioni abbastanza sostenute possono subire una sorta di effetto vela, assai contrastante se pinneggiamo in senso opposto.
La plancetta alla francese
è una boa di tipo rigido quindi non si può sgonfiare, ripiegare per benino e riporla dentro ad un borsone però non patisce gli aculei dei ricci, le spine dei pesci, le asperità taglienti delle rocce. La produzione è affidata quasi totalmente all’estro, alla fantasia, all’abilità manuale dell’auto costruttore. La struttura portante è composta da una lastra in poliuretano espanso o da un manufatto in vetroresina. Il fondo é piatto o al massimo, ha un disegno di chiglia a catamarano, magnificamente idrodinamico.
La parte superiore è accogliente per il sub che durante gli spostamenti può appoggiarsi comodamente con il torace, per i fucili e le suppellettili che trovano posto tra gli innumerevoli ganci e anelli elastici, per i pesci che invece di frenare lo scorrimento della boa non influiscono le dinamiche di avanzamento. Il mulinello posto a prua consente di regolare la lunghezza del sagolone a piacimento. La bandiera completamente artigianale si ergerà maestosamente dalla struttura.
Una boetta molto speciale è la boa da trazione. Ha una forma sferica di piccole dimensioni ed è caratterizzata o da un grosso anello posto inferiormente o da una rete di nylon che l’avvolge totalmente per irrobustirla strutturalmente.
C’è chi la dota di un grosso moschettone in acciaio inossidabile ad aggancio rapido; non è collegata a nessuna cima e viene gonfiata un attimo prima di essere impiegata. La sua nascita ha preso spunto dai palloni di sollevamento usati per i lavori subacquei.
Questi arnesi gonfiati d’aria sollevano dal fondo carichi di diversa natura. Alcuni atleti francesi e spagnoli iniziarono ad adoperare un sistema simile per fiaccare la resistenza delle grosse cernie ferite e colpite in profondità. Una volta arpionato il serranide risalgono con il mulinello del fucile aperto e lo legano alla boetta situata sotto il pelo dell’acqua. La spinta di galleggiamento della camera d’aria porrà la preda in uno stato costante di tiro e impedirà la sua progressione all’interno dei dedali rocciosi.
Le sagole di collegamento
La boa segna sub viene fornita al momento dell’acquisto di una sagola che servirà per collegare il sub al galleggiante. Il punto di contatto sul pallone deve risultare estremamente valido e sicuro.
Un intelligente soluzione è quella di sfruttare più punti di attacco per avere una corretta distribuzione di forza. Sarebbe utile conservare la sagola avvolta su un rocchetto per distribuire in acqua solo i metri di cui si ha bisogno. Il colore (bianco, giallo o fluo) della cimetta è importante nel caso si debba pedagnare una tana con l’acqua un po torbida: le discese verticali lungo il decorso della stessa offrono sicurezza psicologica e risparmio di ossigeno e tempo.
A tal fine molti sub sono soliti posizionare un piombo da mezzo chilo da portare sempre appresso: basterà lasciarlo andare a fondo per ancorare stabilmente la boa. La qualità del cordino ha moltissimi risvolti pratici: la treccia di nylon da 5/6 mm si adopera se prevediamo di attaccare la boa alla cintura di zavorra, tramite un robusto moschettone.
Potremo sganciare i piombi e recuperarli con facilità, si potrà porre in trazione una preda intanata senza subire strappi improvvisi dovuti alla fragilità delle sagole fini.
Il monofilo di nylon dello 0.50/0.70 adornato di alcuni galleggianti lungo il decorso, che lo sospendono dagli impigli del fondo, si adopera nelle situazioni in cui non si vuole segnalare la nostra presenza ai pinnuti particolarmente diffidenti. Tutte le sagole producono vibrazioni deleterie e l’unico che sembra comportarsi bene e il sottilissimo capillare di nylon.
Il rischio di rimanere ancorati tra le rocce che si ergono dai fondali si scongiura con un tubicino di PVC: è il materiale usato per la trama degli sdrai. Sigillandone a caldo le due estremità lo renderemo positivo e quindi non starà a contatto con gli ostacoli presenti tra i sassi.
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