ITINERARI DI PESCASUB
SANTO STEFANO ( IM )
A Santo Stefano davanti al porto vi è una
grande secca, famosa, bellissima, che inizia nel sotto costa e si estende verso
il largo, consentendo di pescare sia a profondità medio basse sia a quote molto
impegnative.
Si può partire anche da terra, ma per battere i cigli e le
risalite di grotto più lontani è indispensabile usare un’imbarcazione. Per
chi non vuole spolmonarsi conviene ispezionare accuratamente le barriere
frangiflutti: al mattino presto si incontrano corpulenti saraghi e orate che
potrete arpionare dopo aspetti portati in tre o quattro metri d’acqua, oppure
compiendo agguati tra le rocce appoggiate sulle posidonie. Un filo di
“maretta” da levante crea le condizioni ideali per intorbidire leggermente
l’acqua e dare al sub un notevole vantaggio.
L’area compresa tra la diga
portuale e i moli paralleli alla costa è assai estesa ed è abitata da molte
specie, ma soprattutto dai cefali dorini; ne troverete branchi vastissimi e con
un arbalete da90 vi divertirete senza mai scendere oltre i cinque o sei metri di
profondità. A qualche centinaio di metri dalla costa le batimetriche si
aggirano sugli otto, dieci metri e morfologicamente non si è discostato da
quelle analizzate in precedenza: ciuffi vasti di posidonie rivestono lastre
madreporiche, bordano catini, buche, e si alternano a fazzoletti di rena e ad
agglomerati di pietroni. Sparidi, ricciolette, murene, gronghi, tordi, polpi e i
sottili muggini sono i compagni di viaggio che scorgerete un po’ dappertutto.
La secca si estende verso sud est per meno di un miglio di larghezza e si spinge
in fuori per circa un paio, compiendo una specie di semicerchio.
A circa 700/800
metri di distanza da riva vi è una grossa condotta idrica posta parallelamente
alla costa: è l’acquedotto che trasporta l’acqua da Porto Maurizio a Capo
dell’Arma, poco prima di Sanremo. Lo “sbarramento” è frequentato spesso
da nuvole di pesciolini e, in questo periodo, anche da molte aguglie: la quota
operativa è di 14/15 metri e si incontrano gruppi di denticiotti, ricciole e
palamite. Nella distesa sconfinata di coralligeno ogni tanto si aprono tagli e
fessure: vale la pena esplorarli con l’ausilio di una lampada e un corto
oleopneumatico; si nascondono saraghi, gronghi,
murene, marvizzi, rari gattucci, eccetera.
La secca, proseguendo, si interrompe
in più punti formando avvallamenti che muoiono nella sabbia e nel fango a 25/30
metri, per poi risalire e sprofondare nuovamente: aiutandovi con l’ecoscandaglio
o con planate a mezz’acqua, cercate le rocce isolate, i picchi di piccole
dimensioni (una decina di metri quadrati o poco più)che assommano a 17/18
metri. L’acqua raramente è limpida da consentire una ventina di metri di
visibilità e spesso la corrente è impetuosa: i rialzi non sono quindi
facilissimi da trovare, ma ne vale la pena visto che in questi luoghi non è
raro scorgere ancora esemplari di cernie, nonché gruppi di dentici e ricciole.
Verso est e all’estremità sud la secca precipita con un caduta spettacolare e
gradoni che scendono inizialmente a 35/40 metri e poi a oltre 65/70 metri. I
profondisti potranno esplorare il ciglio situato su filo dei ventotto, trenta
metri, facendo attenzione, oltre ai saltuari branchi di barracuda e di pelagici,
anche a qualche verdesca che non disdegna affatto nuotare in queste acque