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ALLENAMENTO IN PISCINA
I sistemi più diffusi di preparazione all'apnea si basano ancora su esercizi e percorsi di nuoto subacqueo da eseguire in piscina. Nella stesura dei programmi di preparazione, pertanto, occorre considerare che le notevoli differenze ambientali tra la vasca e l'ambiente reale non consentono di tradurre direttamente, in termini di quote operative e di tempi di permanenza, i risultati conseguiti in piscina. Tuttavia, l'apnea nell'acqua bassa di una vasca rappresenta pur sempre la migliore approssimazione delle immersioni in mare, che non tutti possono praticare fuori stagione. Alcune tipiche reazioni fisiologiche e cardiocircolatorie si verificano già a quote minime. Altre, proprie dell'apnea profonda, si possono artificiosamente provocare anche in piscina, ma con velocità e tempi differenti. Non si riesce a simulare in maniera sufficiente la complessa dinamica della compensazione in alto fondale, né possono venire approssimate le reazioni psicologiche dell'apnea profonda, ma l'allenamento in piscina risulta comunque molto utile. Consente di mantenere quel tono muscolare necessario al pinneggiamento prolungato in apnea, di assuefarsi ad alti tassi di CO2 e di migliorare performance proprie dell'apnea in vasca (distanza e permanenza massima). In ogni caso, anche se la piscina ci ispira dimestichezza per le sue apparenze del tutto innocue, è necessaria un'assistenza assidua da parte di una persona esperta di apnea, capace di interpretare le reazioni di chi è immerso: un semplice bagnino, per quanto bravo, non basta. L'apnea, anche se generalmente è finalizzata a qualcos'altro (la pesca), rimane un gesto sportivo con il relativo potenziale di coinvolgimento per chi lo pratica, pur se non esistono manifestazioni pubbliche di questo sport al di fuori dei tentativi di record mondiale. Ci si può interrogare sul significato delle specialità di apnea da piscina per chi non intenda cimentarsi in tentativi di tali record, non proprio alla portata di tutti.Ma la piscina è il luogo dove è più facile misurarsi con i propri "record personali", dall'indiscutibile significato soggettivo. Perciò, meglio seguire un allenamento controllato, che consenta di mantenere o migliorare genericamente la propria forma, piuttosto che improvvisare exploit fini a se stessi.
La sicurezza prima di tutto
In genere, si raccomanda di non avvicinare i propri limiti. Ma, mentre una profondità inconsueta incute timore già a valutarla dalla superficie, i metri della piscina sono tutti uguali, si affrontano
,xénsecutivamente, tutti a pelo d'acqua, e non suscitano altrettanto rispetto. E purtroppo, anche restando nelle migliori intenzioni, non conosciamo ancora criteri assoluti per la quantificazione di quei limiti.
Una raccomandazione di massima è dì evitare iperventilazioni forzate. E invece impensabile indicare distanze, intervalli di recupero e tempi di apnea da fermo validi per tutti.
L'impostazione generale di questo tipo di allenamento è comunque generalmente valida. Molti percosSi brevi ripetuti aiutano a mantenere la capacità di lavoro in immersione. Con una routine che non incrementi le misure più di tanto, né limiti troppo i recuperi, si cerca la velocità ottimale mediante il
E possibile così ottimizzare la velocità, provando anche andature molto lente e molto veloci, per trovare la migliore rilassatezza ancora compatibile col nuoto e per testare le proprie reazioni a improvvisi sforzi. Questo allenamento abitua a recuperi di pari tempo dopo ogni sprint e a partire energicamente ma senza scatti anche dal massimo relax. Le serie di percorsi intermedi sono le più importanti: se si dispone di poco tempo, ci si dedicherà solo a queste, magari affiancandole ad altri sport. Con i percorsi di medio impegno, ripetuti più volte, conserveremo l'abitudine alla pinneggiata, alla reazione ai segnali d'allarme, alla valutazione della stanchezza. Nei tempi di recupero useremo una buona tecnica di respirazione e rilassamento. In apnee di questo tipo, evitando l'iperventilazione, si manifestano sempre Contrazioni diaframmatiche e altre reazioni fisiologiche che bisogna conoscere perfettamente. L'aria è a un pelo dalla testa e se questo gioca a vantaggio della sicurezza, continuare a pinneggiare per finire gli ultimi metri è possibile solo con quell'autocontrollo e quella caparbietà che costituiscono doti indispensabili nelle immersioni profonde.
I segnali d'allarme
Impareremo cosi a riconoscere i segnali di allarme generati dall'ansia da quelli fisiologici del-l'apnea prolungata. Con l'allenamento e l'abitudine, scompariranno quei sintomi di fame d'aria dei primi secondi, mentre le distanze critiche saranno scandite da contrazioni diaframmatiche e altri sintomi soggettivi di ampiezza e frequenza variabile. Non dobbiamo qui preoccuparci della compensazione, della lontananza dalla superficie, della corrente e potremo invece fare una stima della proporzione tra tempo di insorgenza dei segnali di allarme più caratteristici e durata dell'apnea. Ad esempio, si può valutare la distanza percorsa prima dell'insorgenza della prima contrazione diaframmatica evidente. Se la respirazione preparatoria non si prolunga per più di quattro lenti atti respiratori massimi, questa distanza è in genere vicina al 50% di quella ancora percorribile in tutta sicurezza. Se invece abbiamo inconsciamente ecceduto con l'iperventilazione, siamo nell'anticamera della sincope. In una serie di percorsi stimati al 60% del massimo, nelle apnee migliori questo segnale importante comparirà poco prima della riemersione. Accenno soltanto che le apnee migliori non sono né le prime né le ultime. Nella sessione di allenamento dedicata ai percorsi più lunghi avremo la riprova di queste proporzioni e potremo anche valutare il grado di allenamento. Raggiunta la velocità ottimale, gli stessi metri saranno percorsi in meno tempo e con la stessa fatica. Le valutazioni fatte su autonomia e segnali di allarme troveranno conferme accurate, tanto più che i nostri sforzi sono qui concentrati in poche apnee. L'abitudine al pinneggiamento in apnea e l'autocontrollo acquisito ci consentiranno di percorrere molti metri anche in stati di affaticamento prima reputati intollerabili
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